PREMIO MARCELLO MERONI
Dedicato a chi, in ambito montano, riesce a essere un esempio positivo
Bepi Pellegrinon
Profilo del vincitore:
CNato a Falcade (BL) in Val del Bióis il 1° settembre 1942, da una famiglia di emigranti. Autodidatta, avendo a 14 anni abbandonato gli studi medi per incompatibilità caratteriale con la preside e gli insegnanti della scuola. Ha sempre avuto un’innata passione per la ricerca, per la storia e per lo scrivere. Datano a 15 anni i suoi primi ingenui articoli ed un libretto dedicato al poeta-contadino di Carfón, Valerio Da Pos, con un ritratto di questi, opera di Augusto Murer. Frequenta, in quegli anni, lo studio del grande scultore falcadino, con il quale instaura una solida amicizia durata fino alla morte di Murer. Nel 1957 fa visita a Bolzano al cantore dei monti pallidi Karl Felix Wolff, che lo esorta ad interessarsi della cultura ladina dolomitica. Instancabile lettore, si imbatte presto, nella letteratura di montagna e il volume “Alpinismo eroico” di Emilio Comici costituisce il viatico che lo avvicina ai monti. Dal 1959 al 1968 si dedica ininterrottamente alle ascensioni, compiendo centinaia di scalate (oltre 50 vie nuove, diverse invernali, alcune solitarie e un centinaio di salite di sesto grado) sulle Dolomiti ed in altri gruppi alpini, raggiungendo i vertici dell’alpinismo degli anni ’60. Ha arrampicato con i più forti alpinisti del tempo. Il suo approccio con la montagna è sempre stato comunque di ordine umano e culturale, pur non trascurando la pratica sportiva. Ha arrampicato con Hasse, Barbier, Robertson, Bohnel, Alessandro Gogna, Maestri, Stenico, Zeni, Aiazzi, Redaelli, Taldo, Aste, Solina, Ronchi, Serafini, De Donà e tanti altri. Grazie alle esperienze di quegli anni ha pubblicato “Un alpinismo possibile”, le due guide delle Pale di S.Martino e quella della Marmolada. Ha collaborato fin da allora e collabora alle maggiori riviste alpinistiche in Italia e all’estero. È stato amico di Toni Hiebeler, lo scrittore tedesco ideatore di “Alpinismus” che negli anni sessanta ha promosso “la cordata europea”, una iniziativa di montagna che ha aperto agli alpinisti nuovi orizzonti. Per il suo innato spirito di libertà è sempre stato rigoroso con i potenti e disponibile ed amico con i giovani e con i deboli. Spesso i suoi atteggiamenti anticonformisti hanno allora causato polemiche, come quando, nel 1967, allorché l’Accademico non aveva voluto aprire le porte all’entrata delle donne alpiniste, un suo articolo di feroce stigmatizzazione, uscito sulla Rivista del CAI, aprì un salutare dibattito sull’argomento. Conclusa la “stagione alpinista” (continua peraltro tuttora a salire montagne), nel 1971 ha fondato la Casa Editrice Nuovi Sentieri, che in quasi 50 anni di attività ha prodotto circa 600 titoli: pubblicazioni di montagna, storia locale, guerra, fotografia, poesia, letteratura, arte, resistenza, narrativa, ecc. Fra le opere più importanti vanno citati i volumi di Giovanni Angelini, le traduzioni dall’inglese dei libri dei pionieri dell’Ottocento (Edwards, Gilbert, Churchill, Tuckett, White, ecc.), la ristampa di classici della scoperta delle Dolomiti (Grohmann), “Liberazione”, l’ultima opera di Domenico Rudatis, la triade di Armando Aste, una serie di riproposte di Giuseppe Mazzotti, la monumentale Storia dell’Agordino di don Ferdinando Tamis, la “trilogia” biografica di Pierina Boranga, il poderoso Civiltà Agricola Agordina di GioBatta Rossi e innumerevoli altri artisti locali e non. Da ricordare, fra le altre iniziative editoriali, gli 11 apprezzati numeri de la “Rivista Bellunese”, di cui è stato direttore, usciti dal 1974 al 1977, con importanti contributi letterari legati alla storia e alla cultura della provincia. Come autore ha pubblicato una cinquantina di lavori, da “Falcade attraverso i secoli”, ad “Artisti Agordini”, “Un ricordo dall’Agordino”, “Agnèr, il gigante di pietra”, Pale di S.Martino, “Le montagne del destino”, “Ghiaccio rovente”, “Gunther Langes, Spigolo del Velo”, “Attilio Tissi”, “La Valle del Biois anni sessanta” fino all’opera “Salve Regina…” dedicata ancora alla Marmolada, “Le vie dell’ideale” e “Fassa e dintorni”. Ha dedicato un libro a “Dino Buzzati alpinista” seguito da una biografia di “Rolly Marchi”. Figlio del suo tempo ha anche dedicato energie alla vita politica, amministrativa e sociale. È stato quindi presidente della Sezione Agordina del CAI (1985-91), membro dell’H.G Bergland di Vienna ed è accademico del CAI dal 1981. È membro del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) dal 1961. Dal 2005 è direttore di “MONTAGNA” Rivista di cultura alpina, di cui ha firmato ben 43 numeri di notevole valenza. Dopo la affermazione giovanile al Premio Zeledria nel 1967, la sua attività ha ottenuto numerosi riconoscimenti fra i quali il Cardo d’Argento del Festival della Montagna di Trento per l’opera Pale di S.Martino pubblicata da Zanichelli. Ha vinto nel 2001 il prestigioso “Premio Mazzotti”, con il libro di Vincenzo Dal Bianco “Civetta-Solleder. Nel 2002 è stato insignito dall’Amministrazione Provinciale del Pelmo d’Oro per la cultura (2002). Sono seguiti altri riconoscimenti, il Premio “Paese dei murales” (Cibiana, 2003), il Premio alla carriera della SAT a Trento (2006), il Premio Francesco Marcolin del CAI di Padova (2007), il Premio Antonio Berti (2009), il Premio per la diffusione della cultura agordina (2011), il Premio “Ambasciatore del Cadore” (2013) ed altri ancora. Ha compiuto gli ottant’anni, ma non si arrende ancora perché – dice – “ha tante cose ancora da fare”.’era una volta alla fine degli anni ’80, nel periodo in cui nasceva e prendeva forma l’arrampicata sportiva, in un paesino ai piedi delle Dolomiti di Brenta, San Lorenzo – Dorsino, una falesia con tutte quelle caratteristiche estetiche e di scalabilità che la rendevano unica nel suo genere. Un giorno dei primi anni ’90 il proprietario dell’appezzamento di terreno, stufo della presenza dei climbers, decise di chiudere il sito e fece schiodare tutta la falesia. L’ associazione sportiva dilettantistica Dolomiti Open è nata e si è attivata per fare riaprire questa falesia unica, una delle rocce più belle d’Italia, perché un sito d’arrampicata così “magico” non può essere proprietà di una sola persona, ma deve diventare una sorta di “Patrimonio dell’umanità” dei climbers (e non solo). La Falesia Dimenticata è rimasta chiusa nei mesi scorsi a causa del COVID-19, ma i ragazzi di “Dolomiti Open” hanno lavorato sodo e ora sono 30 i tiri disponibili e ce n’è davvero per tutti i gusti!