2016: BENIGNO BEN BALATTI – SEZIONE ALPINISMO

PREMIO MARCELLO MERONI

Dedicato a chi, in ambito montano, riesce a essere un esempio positivo


BENIGNO Ben BALATTI

BIOGRAFIA

Benigno Balatti, nato nel 1954 a Mandello del Lario, ai piedi delle Grigne, è uno degli esponenti più rilevanti dell’alpinismo lariano, nonché accademico del Club Alpino Italiano dal 1989. Vive ad Abbadia Lariana con la moglie Giovanna Cavalli, forte skyrunner e maratoneta di professione, con cui ha condiviso centinaia di ascensioni su tutto l’arco alpino. Da qualche anno è in pensione e ha quindi il privilegio di vivere la sua vita da alpinista attivo come e quando vuole, per esempio prendendo dimora fissa nella sua casa ai Piani Resinelli durante la bella stagione. Ha fatto parte del Gruppo Corvi e della scuola di Alpinismo del CAI di Mandello del Lario, presso la quale ha svolto per anni l’attività di istruttore. Muove i suoi “primi” passi da alpinista legato alla corda del leggendario Giuseppe “Det” Alippi, con cui, all’età di 16 anni, sale lo sperone Bumiller ai pizzi Palù. Da allora ha percorso migliaia di itinerari: alpi centrali, dolomiti, Monte Bianco (oltre 80 vie), Patagonia, Perù, Bolivia, etc. Autore di numerosissimi nuovi itinerari, spesso in invernale, nel gruppo delle Grigne e sul Monte Disgrazia dove a partire dal 1985 riesce a tracciare ben 20 nuove salite, il suo curriculum alpinisitico è talmente ampio che è impossibile riassumerlo qui.

MOTIVAZIONE DELLA CANDIDATURA

Benigno Balatti è conosciutissimo, molto stimato e ben voluto nell’ambiente alpinistico lariano e non solo. La sua attività alpinistica abbraccia un periodo di oltre 40 anni. All’età di 16 anni, “per provare l’emozione di un bivacco” chiede al cognato Giuseppe “Det” Alippi di portarlo con se a fare qualcosa. Presto detto, il Det lo conduce sullo sperone Bumiller a fare la salita integrale partendo dal difficile zoccolo roccioso alla base. Partono al pomeriggio perché, “arrivati al Diavolezza nel primo pomeriggio, cosa stiamo qui a fare ?”, e alla fine i bivacchi saranno 2. Tornato a casa, il Det riferisce alla mamma del Benigno “se va ancora in montagna, lascialo andare che non lo fermi più”. E così è stato. Con quello stesso spirito di provare l’emozione in montagna, il Ben ha condotto una carriera alpinistica straordinaria che non starò certo qui a illustrare, e nemmeno sarei in grado di farlo. Ciò che mi preme sottolineare, non sono tanto le imprese alpinistiche, le difficoltà delle salite compiute, il numero di nuove ascensioni (20 solo sul Monte Disgrazia!), tutte cose che si possono leggere sulla stampa specializzata in cronache alpinistiche, ma piuttosto lo spirito indomabile e l’entusiasmo della prima volta, mai affievoliti e incentrati sul desiderio di esplorazione, di avventura che è in grado di trasmettere ai tanti giovani ragazzi e ragazze che da sempre coinvolge nell’andare in montagna. Ciò che non si trova scritto da nessuna parte è a quanti giovani Benigno ha trasmesso quello stesso spirito, quanti giovani siano stati “iniziati” ad un certo modo di andare in montagna e contagiati da quella passione incredibile per l’alpinismo e l’esplorazione fuori di casa. Valori e capacità che si complementano perfettamente con quanto si impara ai corsi CAI, dove si apprendono i “fondamentali” della pratica alpinistica, che occorre poi valorizzare al meglio quando si va in montagna a fare alpinismo.