2017 – Candidato X edizione: Davide Chiesa

PREMIO MARCELLO MERONI

Dedicato a chi, in ambito montano, riesce a essere un esempio positivo


Davide Chiesa

BIOGRAFIA

Davide ChiesaPiacentino, classe 1968, Davide Chiesa è un solido alpinista, conoscitore di gran parte dell’arco alpino in particolare le Alpi Centro Orientali ove ha avuto modo di praticare il suo alpinismo “totale” che va dal classico delle vie immortali che ci hanno lasciato i pionieri, dalle nuove aperture invernali in quota, sino al moderno delle vie estreme, senza tralasciare l’escursionismo, l’alpinismo invernale e lo sci alpinismo, e la didattica. Ha partecipato a varie spedizioni alpinistiche internazionali, fra cui si citano le Ande Boliviane (1996), Il 7000 Baruntse (2010) e l’8000 Manaslu (2011) in Himalaya e l’Aconcagua ancora nelle Ande (2 volte, 2014 e 2015), il 20 maggio 2017 è salito in vetta all’Everest.

Motivazioni candidatura riassunto:

Nel Grazie a tutto ciò egli è stato in grado di trasmettere le sue esperienze ai sempre più numerosi soci delle crescenti sezioni periferiche del Cai attraverso una lunga serie di conferenze di successo, la prima nel lontano 1995 appena 26enne: di queste se ne contano infatti quasi 200 negli ultimi venti anni (in alcuni casi è stato invitato più volte a tornare nella medesima località). Conferenziere e documentarista per passione, ha realizzato audiovisivi e film sull’alpinismo, collaborando altresì con le principali pubblicazioni di montagna tra le quali per anni la Rivista Cai.

Le ragioni del successo consistono nel fatto che la sua comunicazione alpinistica incrocia quasi sempre la sensibilità dell’uditorio. La maggior parte degli appassionati di montagna rimane sbigottita e disorientata di fronte alle incredibili imprese dei grandi campioni, mentre l’esposizione alpinistica del nostro è quella più vicina agli interessi ed alla maggior parte delle esperienze dell’uditorio, riuscendo a raccontare con il cuore, con la tecnica e con la passione, con immagini spettacolari e film, il fascino dell’alpinismo.

In questo senso l’opera divulgativa sulla montagna da parte di Davide Chiesa si dimostra altamente meritoria nei confronti delle nuove generazioni di alpinisti che si affacciano presso le sezioni del Cai e alla montagna. Egli stesso del resto nasce ed esce dalle periferie del Cai (ove non ha mancato di fare l’aiuto istruttore ed ove seguita a partecipare alla divulgazione del sapere “da amico ad amico” sul come praticare la montagna di buona ed antica memoria).

Nel 2009 ha avuto modo di pubblicare il suo primo libro (Montagne da raccontare- storie di ghiaccio, di avventure e di uomini, con la prefazione di Kurt Diemberger) una specie di summa del suo alpinismo: libro amatissimo dai numerosi lettori (2 edizioni). Nel 2014 è uscito poi il suo capolavoro (L’Anima del Gran Zebrù tra misteri ed alpinisti, con la prefazione del Presidente Generale Cai Umberto Martini) un’opera veramente impegnativa per la ricerca storica, tecnica e monografica che ha comportato, celebrando la più bella montagna la quale non aveva ancora avuto la sua monografia esclusiva.

E’ ormai pronto per la pubblicazione imminente il suo terzo libro, un volume di tipo fotografico con didascalie di taglio artistico-poetico e introspettivo, sulle montagne più alte della Terra, dal titolo “I Portali del cielo”. L’opera divulgativa e culturale sulla montagna è sempre stata la direttiva di Davide Chiesa, fin da giovane. Fatto che è stato riconosciuto dal GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) che gli ha assegnato nel 2010 il Premio Giovanni De Simoni con la motivazione di aver praticato e comunicato l’alpinismo secondo quella loro felice interpretazione di tipo artistico e culturale.

Non ultima, anzi recentissima, la sua prova all’Everest con la vetta raggiunta il 20 maggio 2017, dal Nepal per la storica cresta sud, via dei primi salitori. Vetta raggiunta con l’uso dell’ossigeno ma per l’appunto la priorità di Chiesa Davide era culturale, piuttosto che sportiva, riuscendo a realizzare un film-documentario nonostante le rigidissime temperature, sopratutto il giorno di vetta , dimostrando una passione “estrema” per questo tipo di creatività documentativa. Il titolo del film-documentario è “Fino alla fine dell’Everest” e racconta la lunga ascensione al Tetto del mondo da parte di un alpinista di pianura e “non professionista”.

Motivazioni candidatura estesa:

Piacentino, classe 1968, è un solido alpinista, conoscitore di gran parte dell’arco alpino in particolare le Alpi Centro Orientali ove ha avuto modo di praticare il suo alpinismo “totale” che va dal classico delle vie immortali che ci hanno lasciato i pionieri, dalle nuove aperture invernali in quota, sino al moderno delle vie estreme, senza tralasciare l’escursionismo, l’alpinismo invernale e lo sci alpinismo, e la didattica. Ha partecipato a varie spedizioni alpinistiche internazionali, fra cui si citano le Ande Boliviane (1996), Il 7000 Baruntse (2010) e l’8000 Manaslu (2011) in Himalaya e l’Aconcagua ancora nelle Ande (2 volte, 2014 e 2015), il 20 maggio 2017 è salito in vetta all’Everest.

Grazie a tutto ciò egli è stato in grado di trasmettere le sue esperienze ai sempre più numerosi soci delle crescenti sezioni periferiche del Cai attraverso una lunga serie di conferenze di successo, la prima nel lontano 1995 appena 26enne: di queste se ne contano infatti quasi 200 negli ultimi venti anni (in alcuni casi è stato invitato più volte a tornare nella medesima località). Conferenziere e documentarista per passione, ha realizzato audiovisivi e film sull’alpinismo, collaborando altresì con le principali pubblicazioni di montagna tra le quali per anni la Rivista Cai.

Le ragioni del successo consistono nel fatto che la sua comunicazione alpinistica incrocia quasi sempre la sensibilità dell’uditorio. La maggior parte degli appassionati di montagna rimane sbigottita e disorientata di fronte alle incredibili imprese dei grandi campioni, mentre l’esposizione alpinistica del nostro è quella più vicina agli interessi ed alla maggior parte delle esperienze dell’uditorio, riuscendo a raccontare con il cuore, con la tecnica e con la passione, con immagini spettacolari e film, il fascino dell’alpinismo.

In questo senso l’opera divulgativa sulla montagna da parte di Davide Chiesa si dimostra altamente meritoria nei confronti delle nuove generazioni di alpinisti che si affacciano presso le sezioni del Cai e alla montagna. Egli stesso del resto nasce ed esce dalle periferie del Cai (ove non ha mancato di fare l’aiuto istruttore ed ove seguita a partecipare alla divulgazione del sapere “da amico ad amico” sul come praticare la montagna di buona ed antica memoria).

Nel 2009 ha avuto modo di pubblicare il suo primo libro (Montagne da raccontare- storie di ghiaccio, di avventure e di uomini, con la prefazione di Kurt Diemberger) una specie di summa del suo alpinismo: libro amatissimo dai numerosi lettori (2 edizioni). Nel 2014 è uscito poi il suo capolavoro (L’Anima del Gran Zebrù tra misteri ed alpinisti, con la prefazione del Presidente Generale Cai Umberto Martini) un’opera veramente impegnativa per la ricerca storica, tecnica e monografica che ha comportato, celebrando la più bella montagna la quale non aveva ancora avuto la sua monografia esclusiva.

E’ ormai pronto per la pubblicazione imminente il suo terzo libro, un volume di tipo fotografico con didascalie di taglio artistico-poetico e introspettivo, sulle montagne più alte della Terra, dal titolo “I Portali del cielo”. L’opera divulgativa e culturale sulla montagna è sempre stata la direttiva di Davide Chiesa, fin da giovane. Fatto che è stato riconosciuto dal GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) che gli ha assegnato nel 2010 il Premio Giovanni De Simoni con la motivazione di aver praticato e comunicato l’alpinismo secondo quella loro felice interpretazione di tipo artistico e culturale.

Non ultima, anzi recentissima, la sua prova all’Everest con la vetta raggiunta il 20 maggio 2017, dal Nepal per la storica cresta sud, via dei primi salitori. Vetta raggiunta con l’uso dell’ossigeno ma per l’appunto la priorità di Chiesa Davide era culturale, piuttosto che sportiva, riuscendo a realizzare un film-documentario nonostante le rigidissime temperature, sopratutto il giorno di vetta , dimostrando una passione “estrema” per questo tipo di creatività documentativa. Il titolo del film-documentario è “Fino alla fine dell’Everest” e racconta la lunga ascensione al Tetto del mondo da parte di un alpinista di pianura e “non professionista”.