2019: schede finalisti

PREMIO MARCELLO MERONI

Dedicato a chi, in ambito montano, riesce a essere un esempio positivo


I FINALISTI

L’Organizzazione del Premio Marcello Meroni ha presentato alla Giuria della XII Edizione del Premio le seguenti 24 nomination, frutto della selezione, tra le candidature arrivate nei mesi scorsi, dei soggetti che rispondevano ai criteri e requisiti richiesti:

Si tratta di soggetti di alto profilo tra i quali non sarà facile decidere chi saranno i vincitori.

 
 


 
 

Luisa Aggio

Luisa Aggio, ma per tutti IS, è la veterana del CAI Somma Lombardo. È nata e cresciuta nella città di Somma Lombardo dove le prime colline interrompono la monotonia della pianura e le montagne si stagliano solo all’orizzonte. Una vita che per lungo tempo è stata condizionata dal duro lavoro della fabbrica e che nei pochi momenti liberi veniva assorbita da quelli domestici e dalla cura dei fratelli più piccoli. Rimasta vedova e senza figli, profilandosi il ritiro dal lavoro, decise che avrebbe finalmente dedicato qualche momento di distrazione per se stessa e iniziò a frequentare la montagna. In breve fu ammaliata da quel piccolo rifugio in Val Formazza e qui ben presto si trovò coinvolta nella attività di gestione estiva, durata per quasi un trentennio, perché il duro lavoro non l’ha mai spaventata e il piacere più grande era ed è tutt’ora aiutare gli altri: per offrire un pasto caldo a chi saliva sin lassù e un sorriso rincuorante perché tutti si sentissero come a casa propria. Luisa Aggio ha interpretato al meglio e nella sua semplicità la vita quotidiana della montagna e in particolare trasmesso anche con il proprio esempio quei valori semplici e genuini, fatti di piccoli gesti e di grandi sacrifici perché la montagna questo richiede. Con i frequentatori ha condiviso l’amore e il rispetto della natura trasmettendolo alle future generazioni.

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Franco Polastro

Franco Polastro, nato a Perosa Argentina (TO, ora Città Metropolitana di Torino) il giorno 08 giugno 1945. Vanta un impegno quasi ventennale come volontario nel Gruppo Montagna C.S.T. di Perosa Argentina e C.A.I. Val Germanasca nell’attività di Montagnaterapia. Tutto questo in assenza di un guadagno economico, come testimonianza credibile di libertà rispetto alle logiche dell’individualismo e della solidarietà nei confronti di chi ha bisogno di un aiuto. “Tutto è iniziato nell’aprile del 2001 a una gita dell’UNI3. Partecipavano anche alcuni ospiti del CST con i loro assistenti e socializzando mi sono reso conto dell’esistenza di questa realtà che fino a quel momento mi era sconosciuta”. Siamo del 2001 e da questo momento in poi Franco Polastro inizia la sua attività di volontario, nasce il Gruppo Montagna CST Perosa Argentina – CAI Val Germanasca. Un impegno gratuito dedicato agli altri, oramai da quasi venti anni. Tutte le settimane a camminare in montagna con i ragazzi del CST Perosa Argentina, con disabilità intellettive, fisiche e sensoriali, mettendo a loro disposizione il suo tempo, le proprie capacità e conoscenze, come testimonianza di libertà rispetto alle logiche dell’individualismo e della solidarietà nei confronti di chi ha bisogno di un aiuto. Un lavoro che nel tempo si è integrato nell’attività di Montagnaterapia, in collaborazione con il Gruppo Pinerolese, il Coordinamento Montagnaterapia Piemonte e Officina Monviso.

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Paolo Molena

Paolo Molena nato a Milano il 4 maggio 1950, laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 1976, insegnante di tecnologia nella scuola media dal 1976 al 2015. Durante il servizio militare ha frequentato la Scuola militare di Aosta dal 6 luglio al 22 maggio 1973 imparando le tecniche migliori per condurre un gruppo in montagna in massima sicurezza. Tecniche messe in pratica poi nel successivo periodo come sottotenente degli alpini in Alto Adige. Dal 1976 prende servizio come insegnante di educazione tecnica nella scuola Meucci di Milano iniziando ad organizzare gite in montagna. nel 1979 si iscrive al Cai, nel mese di maggio porta una terza media in Devero e cosi inizia a realizzare uscite di più giorni a scopo educativo e idattico. Nel 1981 cambia scuola e va alla scuola media Sabin e li fa il progetto – la montagna è la mia compagna di banco – portando i ragazzi in montagna e negli ambienti naturali cercando sempre di utilizzare i mezzi pubblici.

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Andrea Savonitto

Andrea Savonitto, guida alpina nota con il soprannome “Il Gigante”. Originario di Milano e profondo conoscitore delle Orobie, dal 1982 gestisce rifugi alpini. Dopo una prima esperienza sulle Dolomiti (direttore sportivo di Sciliar2145, casa alpina del TCI Val Gardena), nel 1983 diviene guida alpina e torna in Lombardia come gestore dei rifugi Albani (Presolana), Motta (Valmalenco), Trona Soliva (Val Gerola) ed infine dello storico “Circul” di Uschione (Chiavenna). L’opera di valorizzazione del territorio svolta da Andrea è vastissima. Ha pubblicato guide di escursionismo, arrampicata e scialpinismo in Valsassina e nelle valli del Bitto. Ha attrezzato centinaia di linee di salita in Valsassina, Val Gerola e Val Chiavenna. Nel 1999 attrezza la falesia del “Cinzanino”, che diviene subito punto di riferimento per scalatori principianti alla ricerca di palestre per muovere i primi passi in sicurezza. Nel 2005 scopre ed attrezza la falesia del Sass Negher (lago di Piona) tuttora frequentatissima dalle Scuole di Alpinismo del CAI. Nel 2014 organizza le “Settimane di volontariato ecologico” per la sistemazione della rete sentieristica attorno al Pizzo di Gino in val Cavargna. Nel 2016 dà inizio al suo più recente progetto, il riadattamento a ristoro del Circul di Uschione, storico circolo dell’antico e ormai spopolato borgo di Uschione di Chiavenna. Un lungo lavoro di pulizia e chiodatura darà origine, nei boschi limitrofi, ad un nuovo sito di arrampicata (40 linee fra blocchi, monotiri e vie multipitch), che nel 2018 ospita la prima edizione di “UskionBlok”, un “libero raduno” per gli amanti del boulder. Tra l’ottobre 2018 e il maggio 2019 nascono per mano di Andrea le vie multipicth della parete di Vandea. Nella sua lunga carriera, in tutte le aree in cui ha vissuto ed in altre, ha progettato e portato avanti importanti interventi di Sviluppo Alpinistico del Territorio a volte trovando patrocinio in organismi istituzionali ma in molti casi per puro impegno personale, realizzando aree di arrampicata molto apprezzate o sviluppando intere reti escursionistiche su montagne dimenticate. La sua attività, svolta su iniziativa personale e a proprie spese, ha portato al recupero di reti sentieristiche in disuso ed alla realizzazione di falesie che, per chiodatura ravvicinata e manutenzione costante da parte di Andrea, hanno permesso a molti principianti di avvicinarsi all’arrampicata in completa sicurezza.

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Aldo Avogadri

Nato a Lovere (Bergamo) il 31 gennaio 1946 abita a Solto Collina. Diplomato Geometra nel 1967 presso l’Istituto Vittorio Emanuele di Bergamo. Laureato in Scienze Naturali nel 1972 presso l’Università Statale di Milano. Laureato in Scienze Biologiche nel 1980 presso l’Università Statale di Pavia. Specializzato in Pianificazione del territorio e Conservazione della Natura nel 1983 presso l’Università Statale di Pavia. Ha seguito sei Corsi di Ecologia presso il laboratorio di Ecologia della Facoltà di Scienze Forestali dell’Università di Padova a San Vito di Cadore. Ha seguito nel 2003 un Corso sull’Ecologia del Paesaggio presso l’Università nel Bosco. Dal 1996 conservatore del Museo civico di scienze naturali di Lovere. Una vita da naturalista, animatore e insegnante in ambito CAI, nella scuola, nell’Associazione Amici del Museo e nel Museo Civico di Scienze Naturali di Lovere. Il lungo periodo di insegnamento presso la scuola Media del convitto nazionale Cesare Battisti di Lovere è stato caratterizzato da un costante impegno di docente naturalista botanico con predilezione anche per la geologia.  Tale caratteristica perdura fino ad oggi ed è costellata di pubblicazioni, conferenze, accompagnamenti in natura, tutoraggio di studenti liceali nei progetti di Alternanza Scuola-Lavoro, correlatore per tre studenti nel corso di laurea presso l’Università degli Studi di Agraria sede staccata di Edolo. Attualmente è impegnato nell’allestimento di un nuovo museo civico di scienze naturali a Lovere coordinando studiosi e collaboratori diversi.

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Alessandro Filippini

Alessandro Filippini (Milano, 1951). Laureato in Filosofia, per 31 anni giornalista della Gazzetta dello Sport. Ha creato il supplemento Magazine e ha partecipato alla nascita del sito gazzetta.it. Autore della Grande Enciclopedia dell’Olimpiade (Motta Editore) e della voce Alpinismo per l’enciclopedia Treccani. Nel 2012 membro della giuria del Piolet d’Or. Regista con i film “Riccardo Cassin compie 100 anni” (con Riccardo Cassin, Walter Bonatti e Reinhold Messner), “Fratelli si diventa” (con Bonatti e Messner) e “Exposed to dreams” (con Simone Moro e Mario Curnis), dal 2011 collabora col Trento Film Festival ideando serate alpinistiche e curandone la regia. Con Messner ha scritto per Mondadori Electa il libro “Bonatti, il fratello che non sapevo di avere” e con Luca Calvi ha curato il libro di Messner “L’assassinio dell’impossibile. Grandi scalatori di tutto il mondo discutono sui confini dell’alpinismo”. Cura su Gazzetta.it il blog “Alpinisti e Montagne”, ultimo di una serie di Blog che la Gazzetta ha dedicato all’alpinismo in questi ultimi anni, che è diventato, anche grazie a una ricca pagina Facebook, un punto di riferimento nel campo dell’informazione sulla Montagna. Non solo notizie, in senso stretto, sulle più grandi imprese alpinistiche internazionali, ma anche un occhio sempre attento alle problematiche ambientali. L’esperienza, la passione e la competenza di Filippini hanno portato in questi anni “Alpinisti e Montagne” a crescere in maniera esponenziale come numero di contatti, risultato in taluni mesi addirittura il più seguito blog di tutti quelli di Gazzetta e “restando stabilmente sul podio” ormai da molti mesi con aggiornamenti più che quotidiani, spesso h 24. Una maniera di informare, ma anche la partenza di nuovi spunti di riflessione sui grandi temi legati alla montagna.

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Giancarlo e Marina Sardini

Giancarlo e Marina con i loro ragazzi guide DonBosco sono uno dei progetti di solidarietà più belli che si possano incontrare arrivando in Perù ai piedi della Cordillera Blanca. Giancarlo Sardini e Marina Loda (coniugi) sono impegnati da anni ad avviare e promuovere il lavoro delle guide DonBosco en los Andes in Perù. Sul loro esempio altri volontari stanno cercando di avviare un progetto simile anche in Bolivia nella Cordillera Real. Come famiglia si sono spesi per iniziare ed avviare i tre rifugi presenti in Cordillera Blanca. Hanno iniziato fin da giovani l’attività di volontariato a favore dei poveri campesinos delle Ande: oggi questi ragazzi sono diventiti guide di montagna riconosciuti dall’UIAGM. Per sviluppare questo progetto si sono prodigati con perseveranza per far partire un’attività turistica socialmente utile alle popolazioni locali che vivono ai piedi della Cordillera Blanca. Il progetto delle Guide Andine DonBosco deve molto alla famiglia di Giancarlo e Marina che con le loro filglie Marta e Marianna hanno speso la vita a favore di questo sogno che oggi “cammina con le propie gambe”. L’impegno di Giancarlo e Marina non si è fermato al formare guide di montagna, ma si sono spinti oltre. Educando e dando fiducia, lasciando a loro la gestione del Centro Casarotto. Il tema del turismo solidale, oggi ha un eco forte nella gente di montgana, ma pochi sanno che per avviare un progetto così sui-generis ci vuole molto spirito altruistico, molta perseveranza e molta dedizione. Mettersi a trasformare giovani campesinos in guide di montagna non è un’impresa facile, e nemmeno scontata, per questo la forza di Giancarlo e Marina Sardini stà  nel loro amore per i ragazzi campesinos. Un amore che ha portato questi giovani a diventare Guide Andine (UIAGM) regalando loro un lavoro e futuro bellissimo sulle loro montagne. Oggi le guide gestiscono il “Centro Andinismo Renato Casarotto” (costruito da Giancarlo e Marina con l’OMG) come base per le spedizioni e collaborano alla gestione dei Rifugi Andini, costruiti dai giovani dell’Operazione Mato Grosso e  Oratoriani con l’idea di ospitare gli escursionisti e scalatori; il ricavato viene poi dato a favore di attività caritative. L’amore per la natura e per il creato ha dato vita a questo sogno sulle Ande del Perù.

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Ivan Moscardi

Ivan Moscardi nasce il 1973, in Valcamonica. La sua passione per l‘ambiente dove vive lo porta fin da ragazzo ad esplorare le montagne della zona. Rendendosi conto dei rischi legati alla frequentazione della montagna, nel 1996 decide di iscriversi ad un corso di alpinismo del CAI. Poi la voglia di fare e l’allenamento costante gli permettono in breve di salire molte pareti difficili, uscendo anche dai confini della propria Valle, dando così un esempio agli altri alpinisti della zona. Nel 1998 entra a far parte della Scuola di Alpinismo Giando della Valcamonica, trasmettendo subito una passione smisurata a colleghi istruttori e allievi. Nel 2003 diventa Istruttore Regionale di Alpinismo, e nel 2008 arriva la nomina di Istruttore Nazionale di Alpinsmo. Dal 2009 al 2015 è  Direttore della Scuola, dove è volontario, cogliendo l’opportunità di mettere in pratica la sua visione di gruppo e della formazione di nuovi appassionati. La maturità lo porta a esprimersi con l’apertura di vie nuove, scegliendo di seguire un alpinismo esplorativo, e soprattutto gli regala la voglia di trasmettere ad altri esperienza e passione, perché l’alpinismo classico continui a vivere. Ivan è un riferimento per le persone della Val Camonica, ma non solo, grazie al suo impegno sociale e soprattutto per la provata esperienza alpinistica, che trasmette senza egoismi a persone che guida nella crescita in montagna, in modo da fare apprezzare un patrimonio importante: quello dell’alpinismo classico. La sua apertura mentale lo porta a condividere idee e riflessioni sull’alpinismo, con alpinisti stimati o semplici appassionati.

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Alfio Anziutti detto Timilin

Timilin è di Forni di Sopra, o forse “è” Forni di Sopra. Un paese affacciato sulle Dolomiti friulane toccato, ma non travolto, dall’abbandono della civiltà contadina a favore del turismo. Se oggi Forni e le Dolomiti friulane conservano un’identità è anche grazie alla sua opera: libri storici, la realizzazione di due musei sulle attività di montagna, e tante battaglie (non sempre vinte) per la conservazione  dell’ambiente. Timilin è un custode della memoria delle Dolomiti friulane, uno storico, un intellettuale che ama la montagna – la sua montagna – e che si batte contro gli impianti di risalita, le strade e soprattutto la mentalità dilagante dell’usare la montagna senza capirla. Disincantato e sanguigno, ma anche intellettuale raffinato… È difficile spiegare Timilin a chi non lo conosce, ma il suo amore e la sua conoscenza per i monti e la loro storia – uniti a un’opera instancabile per la loro salvaguardia in termini di ambiente e di memoria – sono un esempio per tutte le Alpi.

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Luca Visentini

Luca Visentini è uno scrittore milanese di libri di montagna; ha redatto una serie di monografie delle Dolomiti prima per Athesia, quindi per la casa editrice da lui stesso fondata e che porta il suo nome. Ha portato nell’editoria di montagna uno stile nuovo e nuovi contenuti. Non si è limitato a descrivere itinerari, ma ha introdotto nelle sue guide un modo critico di parlare di turismo, ferrate, sci di pista, denunciandone l’invadenza e i guasti, sia a livello ambientale che di mentalità. Un intellettuale disincantato e acuto che si è trasferito nelle Dolomiti Friulane. Leggere un suo libro o un suo scritto significa ascoltare una voce che propone sempre nuovi spunti di riflessione su cosa significhi andare in montagna e sui disastri del turismo becero.

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Ezio Cassina

Ezio Cassina, terzo di sei fratelli ha cominciato da piccolo a lavorare nell’attività famigliare preparando il pane e portandolo nei paesi vicini prima di andare a scuola. Ancora adolescente ha iniziato a lavorare il granito. La lavorazione del granito richiede forza, fatica e intelligenza: la durezza della roccia può essere vinta solo assecondando le sue caratteristiche e Ezio ha usato abbondantemente di queste qualità. Ha interrotto la sua attività di cavatore solo per fare il servizio militare, in Alto Adige, negli alpini. Ezio ricorda con gioia questa esperienza che l’ha portato a conoscere e a frequentare le montagne altoatesine partecipando ad ascensioni e ad esercitazioni di soccorso. Dal 1964 è entrato nel gruppo di Val Masino del soccorso alpino svolgendo la sua attività di soccorritore, attività che non ha mai abbandonato. Nel 1970 ha conosciuto la sua compagna Amedea, compagna della vita. Amedea, per consuetudine famigliare gestiva il rifugio Ponti del CAI di Milano nell’alta Val Masino; Ezio, per amore, ha iniziato a salire al rifugio. In seguito, nel 1980, è diventato lui stesso gestore fino al 2017, quando, ha dovuto abbandonare con rimpianto questa attività per motivi di salute. L’attività di gestione di un rifugio come il Ponti ai piedi del Disgrazia è complessa, perchè deve risolvere i problemi dell’ospitalità, deve fornire cibo e accoglienza, servizi resi complicati dall’asprezza dell’ambiente di alta montagna. Ma in questo ambiente non esiste solo l’aspetto alberghiero: questo è un luogo severo ed Ezio ci è entrato con delicatezza e senza clamore, ha passato molte notti in attesa di escursionisti dispersi, è uscito nelle situazioni più imprevedibili a soccorrere ed aiutare persone in difficoltà, e, purtroppo è anche andato a recuperare i corpi di persone sopraffatte. È sempre stato disponibile a consigliare i percorsi più sicuri e a dispensare le informazioni necessarie per vivere serenamente la montagna. Non si è mai interessato specificamente di problemi ambientali: Ezio è stato l’ambiente, la parte accogliente e sicura del severo ambiente alpino, il luogo dove escursionisti e alpinisti potevano godere l’immensa bellezza del circo del Disgrazia. Ezio è stato la montagna, non il Cervino o il monte Bianco; Ezio è stato la Remoluzza, l’Averta, la cima d’Arcanzo, montagne che non si vedono ma che creano l’ambiente montano e permettono a quelle più famose di risaltare.

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Andrea Grava

Andrea nasce a Clusone (BG) il 24 Settembre del 1985 vive da sempre a Darfo Boario Terme. Nel 2004 consegue il diploma di liceo artistico a Lovere, poi si iscrive all’accademia LABA di Brescia, dove consegue con 110/110 la Laurea in tecnico del Restauro. Sin da piccolo coltiva un profondo interesse per per la storia dell’arte e tutto ciò che riguarda il mondo artistico. Oggi si occupa di didattica con i bambini e, nel tempo libero, si occupa di valorizzazione del territorio camuno, attraverso il progetto del Cammino di Carlo Magno e Valeriana: nato nell’Aprile del 2018 grazie alla passione di Andrea e di un suo amico, con l’appoggio della comunità montana di Valle Camonica, il progetto ha mappato, descritto e segnato circa 240 km dei due percorsi. L’obiettivo del progetto è quello di valorizzare l’intera valle camonica dal Lago alle Alpi attraverso la mobilità lenta. Obiettivo raggiunto a pieno titolo nel 2019 visto che in una sola estate sono arrivate 600 persone da tutta Italia. Andrea ha tutti gli ingredienti, la passione e l’amore per valorizzare un territorio bello come quello Camuno. Può essere modello d’esempio per tutti i ragazzi che vogliono intraprendere un attività di valorizzazione territoriale.

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I.I.S Istituto Istruzione Superiore Secondaria “Q. Sella”

Istituto Tecnico Industriale “Quintino Sella” di Biella, ora I.I.S., fondato da Quintino Sella, che fu primo preside dal 1869, illustre scienziato statista e alpinista, fondatore del CAI di Torino, presto diventato Club Alpino Italiano nel 1863. Nato come istituto professionale, trasformato in istituto tecnico inizialmente per periti tessili, meccanici e chimici, poi anche elettronici, elettrotecnici e informatici, oggi comprende anche 7 sezioni di Liceo Scientifico Scienze Applicate di cui due ad orientamento musicale e una sezione di Liceo Sportivo. Nell’anno scolastico 2018-2019 erano immatricolati 1620 studenti. La collaborazione tra CAI sez. di Biella e ITI ha origini molto lontane: già nel 1887 il Consiglio della scuola decide di aprire tra gli altri, un corso sulle piccole industrie forestali e il CAI fornisce un’indennità ai docenti e vari oggetti pratici per lo svolgimento delle stesse. La passione di Quintino Sella per la montagna continua ad aleggiare tra i nostri banchi. Il progetto “Amare la montagna” nasce nell’a.s. 2013-2014 grazie all’intuizione di Daniela Azario. Appassionata di montagna, durante le sue passeggiate si è chiesta come mai incontrasse pochi giovani e spesso non riusciva ad orientarsi sui sentieri, a causa di una segnaletica scolorita o assente. Qui l’idea di proporre agli studenti un’attività estiva con la finalità di “farli muovere” per conoscere il territorio e realizzando un’opera di ripristino e dei sentieri. Tutto ciò non poteva avvenire senza il consenso e l’aiuto del CAI e del Panathlon. La proposta fu accettata; al primo anno solo 7 ragazzi aderirono. Col meteo non favorevole vennero tracciati solo 3 sentieri. L’anno seguente i ragazzi furono 42; il terzo 75. Fu l’anno dell’Alternanza Scuola-Lavoro. Gli aspetti approfonditi furono: morfologia della montagna, incontri con il geologo, flora alpina, produzioni animali, i volatili. Il quarto anno si iscrissero in 118, il quinto si chiuse a quota 100 e quest’anno a 72. In totale sono stati tracciati 36 sentieri.

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Soledad Nicolazzi

Soledad Nicolazzi, regista e attrice, si laurea con una tesi su Ravenna Teatro e sul teatro come mediazione interculturale; Studia con Marco Baliani, Marco Martinelli, Renato Sarti, Davide Iodice, Vincenza Modica; lavora come attrice con Accademia Perduta, I Teatrini, Veronica Cruciani, Teatro Alkaest. Nel 1999 fonda Stradevarie e mette in scena spettacoli in ambito di teatro civile e per l’infanzia, conduce laboratori e organizza iniziative culturali con il Comune di Carrara. Tra gli altri, conduce un laboratorio all’interno del centro per rifugiati politici nel progetto “Fiera Medea” del Teatro degli Incontri, diretto da Gigi Gherzi e corsi di formazione per psicologi e educatori presso la scuola Etno-sistemico-narrativa di Roma diretta da Natale Losi. ”Marbleland” è uno sferzante monologo teatrale che rappresenta in modo estremamente significativo la problematica ambientale delle Alpi Apuane. Spettacolo nato da più di un anno di lavoro e da oltre 80 ore di interviste a lavoratori che ruotano attorno al mondo del marmo, camionisti, cavatori, ambientalisti, imprenditori. La denuncia di un’escavazione scriteriata e senza il rispetto delle più basilari regole di tutela ambientale arriva direttamente al pubblico grazie ad un linguaggio semplice e diretto, ad un’esaustiva spiegazione dello stato attuale delle cose. Lo spettatore ne esce indignato nel profondo, spesso arricchito di dati sconcertanti.

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Elena Ferreri

Elena Ferreri è neolaureata in Design Sistemico, Laurea conseguita con lode presso il Politecnico di Torino. Amante dei viaggi e della montagna, sin da piccola ha partecipato a progetti e scambi in Italia e all’estero per imparare mestieri locali, conoscere nuove lingue, nuovi popoli e culture. Ha svolto volontariato presso il Parco Nazionale del Gran Paradiso e scalato il Giumalau in Romania, in un Erasmus Plus Youth Exchange con altri giovani provenienti da tutta Europa. Pur vivendo in città, la passione per la montagna non l’ha mai abbandonata, forse perché i suoi nonni erano di Castelmagno, in Valle Grana. Ad oggi, si impegna ancora attivamente per promuovere la cultura montana e occitana, ed il progetto personale di cui va più fiera è la sua tesi di laurea, “OccitaMia: un progetto di turismo esperienziale per i borghi abbandonati di Castelmagno”. La sua passione e il suo impegno per la montagna sono risultati evidenti quando ha intrapreso il percorso che l’ha portata a scrivere la tesi di laurea magistrale, nata dall’interesse per le sue origini e dalla sua conoscenza nel settore del volontariato e del turismo esperienziale. Il progetto finale le è valso prima la lode, poi il premio Aquila Studens per la migliore tesi in ambito montano. Sulle tracce della recente riqualicazione ad opera del Monviso Institute di cui è stata oggetto Ostana, in Valle Po, Elena ha voluto dare il suo personale contributo per i borghi abbandonati di Castelmagno (attualmente solo 5 su 15 sono abitati), destinati ormai a rovina architettonica e culturale. Ha dunque progettato, grazie al supporto dei professori Pier Paolo Peruccio e Luca Davico, un modello di campo di volontariato da attivare presso il borgo di Croce, aperto a giovani da tutto il mondo, per il recupero di elementi architettonici tradizionali, sotto la supervisione di esperti nelle tecniche di lavorazione locale. Integrando il soggiorno con la partecipazione attiva dei volontari allo stile di vita alpino piemontese, è così possibile ravvivare la cultura occitana ed esportare le conoscenze a rischio di estinzione in modi originali e inusitati. Il progetto è attualmente in fase di discussione con il Comune di Castelmagno.

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Soccorso Alpino e Speleologico Lombardo: Stazione di Lecco

Prima degli anni ’60 il soccorso in montagna era affidato ai singoli o ai gruppi alpinistici, come i Ragni di Lecco, le Guide Alpine ed i Volontari del C.A.I. Tuttavia, visti i tempi dilatati dei soccorsi e le tecniche pressoché inesistenti di movimentazione sanitaria, spesso le attività si riducevano ad un mero trasporto a valle delle salme tramite barelle improvvisate. Fu la necessità di trasformare questa disponibilità individuale in qualcosa che avesse una rilevanza sociale, a spingere Battista Corti ad impegnarsi fin dal ’62 per concretizzare quello che, a partire dal ’66, diventerà una vera e propria organizzazione territoriale del Soccorso Alpino: la Delegazione Lariana. Non fu sicuramente facile unire i differenti punti di vista delle varie componenti ma, grazie anche all’esperienza di personaggi del calibro di Riccardo Cassin, Annibale Zucchi, Dino Piazza, Tino Albani e altri esponenti di primo piano, le tecniche di soccorso si sono evolute fino a diventare un riferimento sul territorio nazionale. Nel ‘87, a seguito della tragedia aerea della Conca di Crezzo, si evidenziò la necessità di organizzare anche la struttura logistica per le emergenze; Daniele Chiappa e Gian Attilio Beltrami perseguirono quindi la realizzazione di un Centro Operativo a Lecco che fosse un riferimento per tutte le organizzazioni chiamate ad intervenire durante incidenti e calamità. Questo modello ha poi condotto Daniele Chiappa a ristrutturare il sistema 118 e, con l’ausilio del SAR di Linate, ad introdurre l’elisoccorso in montagna. Da allora a Lecco si sono susseguiti anni di instancabile dedizione che hanno portato il soccorso a sperimentare nuovi materiali e nuove tecniche, realizzando grazie a Daniele Chiappa e suo fratello Roberto una barella (chiamata appunto Barella Lecco) utilizzata tutt’ora a livello internazionale. Con l’aiuto del dottor Piatti si è anche introdotto un approccio empirico agli aspetti sanitari, svolgendo le varie manovre mediche direttamente in parete. Grazie a tutto questo lavoro, ancora oggi Lecco e la Delegazione Lariana in generale, svolgono un ruolo chiave nello sviluppo del soccorso, avendo anche contribuito in modo attivo all’introduzione degli interventi notturni con l’elicottero in zone impervie e facendo da capofila in un progetto pilota che li vede, unici sul territorio nazionale, abili ad effettuare manovre speciali in aree non recensite per il volo notturno. Attualmente la stazione di Lecco è composta da 35 volontari, tra cui alcune guide ed istruttori che si sono formati al seguito di alpinisti di primo piano, nomi di spicco di un passato ancora vivo.

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Denis Urubko

Denis Urubko nasce in URSS nel 1973. Laureato in pubblicistica, diventato kazakho per far parte dei gruppi d’alta montagna ha poi optato per la cittadinanza polacca. Quindicesimo uomo a salire tutti gli Ottomila e nono a farlo senza ossigeno. Ha salito in prima invernale due Ottomila assieme a Simone Moro. Ha salito inoltre tre vie nuove su tre Ottomila diversi. Oltre a numerosi riconoscimenti come il Piolet d’Or ha ricevuto la Legion d’Onore per il salvataggio di Elizabeth Revol.  Vive in Italia, dove è diventato de facto un alpinista orobico, conferenziere e scrittore. Ciò che rende Urubko unico però, è il saper unire una personalità capace di grande rigore nella preparazione con un carattere che lo rende insofferente a qualsiasi guida o direttiva gli vengano imposte, creando una figura non a torto definita di genio e sregolatezza nella miglior accezione possibile. È il genio assieme al desiderio di andare oltre le regole, non di contravvenire alle stesse, che gli ha permesso di salire sulle principali vette dell’Europa e dell’Asia, salendo in prima assoluta due Ottomila in invernale e alcune vie nuove, delle quali alcune in solitaria, sempre sugli Ottomila della Terra. Denis Urubko ci ha dimostrato in svariate occasioni negli ultimi anni che prima della vetta viene la vita delle persone: eccezionale il salvataggio dell’alpinista francese Elizabeth Revol sul Nanga Parbat, così come quella dell’alpinista italiano Francesco Cassardo sul Gasherbrum VII. La figura di Denis Urubko viene ormai associata non solo al conquistatore delle vette, ma anche e soprattutto a quella dell’angelo dagli occhi di ghiaccio che, simile al Deus ex Machina dell’antichità, non arriva scendendo ma salendo a salvare chi rischia di restare nell’abbraccio della montagna. Denis Urubko è un ispiratore, un visionario che ama le grandi montagne a 360°, che ama la vita, che ama narrarsi da buon scrittore qual è, che ama prima di tutto la vita e che mette questa davanti all’egoismo del successo a tutti i costi. Un ragazzo che ancor oggi, divenuto famoso in tutto il mondo alpinistico per le sue imprese, ricevuta la Legion d’Onore per il salvataggio della francese Revol, arrossisce davanti a chi gli fa un complimento ed è lui a ringraziare per primo. Un invito vivente alla montagna, alla cultura della montagna e alla vita vissuta con rispetto. Un esempio a tutti gli effetti.

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Simon Messner

Nato nel 1991, figlio di Reinhold Messner, è laureato in biologia molecolare. Dopo la laurea ha però deciso di fare l’alpinista a tutto tondo ed ha abbandonato la vita di laboratorio per dedicarsi alla produzione di film assieme al padre Reinhold, con il quale ha creato la Messner Mountain Movie. Divide la sua vita tra alpinismo di stampo classico proiettato nel futuro e la creazione di film dedicati alla montagna ed all’alpinismo. Ha all’attivo numerosissime ripetizioni e prime assolute di tutto rispetto in Dolomiti, nelle Alpi e nelle principali catene montuose del mondo. Nel 2019, poi, la salita di vette inviolate negli angoli meno conosciuti dell’Himalaya, dimostrazione del suo alpinismo esplorativo. Schivo, riservato, deciso a non vivere di luce riflessa riesce a sfatare il mito che vuole una sorta di maledizione per i figli d’arte, incapaci di uscire dall’ingombrante ombra dei genitori. Simon Messner fa ampiamente eccezione, essendosi creato una personalità del tutto propria nonostante riconosca il valore della tradizione a cui egli stesso fa riferimento per le sue imprese. sembra voler riprendere il discorso lasciato aperto dal padre Reinhold prima di diventare la leggenda Messner: grandissime ripetizioni e prime assolute di altissimo livello pochissimo pubblicizzate, effettuate in aree del mondo ancora non raggiunte dallo sviluppo turistico e note solo ad una ristretta cerchia di veri amanti dell’avventura. Simon Messner dice di sé stesso: “Non faccio arrampicata sportiva e ancor meno sport professionistico e questo mi lascia ampi spazi di libertà. Mi vedo come un alpinista, con ciò legato ad una grande tradizione per la quale non si parla di numeri, di difficoltà, di tempi. L’alpinismo non è misurabile e tanto meno soggetto a paragoni. Ogni impresa rimane unica e a sé stante. Per poter capire l’andar per monti bisogna viverlo e provarlo”. Un esempio di quale possa e debba essere l’atteggiamento dei giovani verso l’alpinismo e l’ambiente naturale. Un esempio che giunge da uno di loro.

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Sezione CAI di Pavullo nel Frignano

La Sezione CAI di Pavullo nel Frignano, prima Sotto Sezione di Modena, si costituisce ufficialmente il 10/01/2018. Nasce dall’attività, dalla motivazione e dalla buona volontà di un piccolo gruppo di soci, che ha iniziato a svolgere un servizio sul territorio di Pavullo dal 2008, ponendosi alcuni importanti obiettivi per i soci e la comunità di Pavullo: promuovere la frequentazione della montagna e le attività del CAI, in particolare l’attività escursionistica, didattica, culturale e di socializzazione; sviluppare una sensibilità rispetto alla pratica della montagna e più in generale all’ambiente; sviluppare un pensiero sulla tutela e la promozione del territorio; creare reti e sinergie con gli altri soggetti del territorio per favorire la capacità proattiva delle persone nel costruire buone relazioni e stili di vita sani; promuovere valori come la cittadinanza attiva, la solidarietà, il rispetto degli altri e dell’ambiente, la partecipazione, la crescita umana e sociale. “Itinerari della biodiversità” è un percorso virtuoso in cui il Comitato Scientifico del CAI Regionale Emilia-Romagna ha coinvolto il CAI di Pavullo e l’Associazione EquoFrignano, per la mappatura sul territorio di Aziende Agricole con queste caratteristiche: la scelta del biologico, il recupero di saperi antichi, il rispetto del suolo e delle colture, la tutela della biodiversità, l’attenzione alla gestione dei rifiuti. Attorno a queste aziende si è voluto costruire una visibilità sia per le azioni intraprese che per le bellezze del territorio, inserendo nella rete escursionistica percorsi (già tracciati o da inventare) per consentire alle persone di visitare i luoghi e l’ambiente appenninico e di incontrare gli agricoltori e allevatori. Ne è uscito un prodotto che non è solo un opuscolo da consultare, ma un cantiere di lavoro vivo, che vede collaborazioni tra le diverse realtà, incontri, escursioni, iniziative culturali, eventi, circolazioni di saperi, un motore per fare e crescere insieme nel territorio.

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Tarcisio Bellò

20-BellòNasce a Marostica nel 1962, bibliotecario, sposato con 2 figli, ai quali trasmette la passione per la montagna. Il suo curriculum alpinistico contiene salite di spicco europee: Invernali, Cascate di ghiaccio, Couloir, 4000, roccia e misto dal Bianco alle Dolomiti e per diverse salite extraeuropee in Nepal, Perù, Tibet, Pakistan. Il suo terreno di gioco sono però le Piccole Dolomiti vicentine, soprattutto in invernale, dove apre numerose nuove vie, couloirs di ghiaccio e misto, localmente chiamati Vaji. Nel 2000 comincia la sua avventura pakistana. Si distingue per l’attività alpinistica/esplorativa dell’Hindukush e di solidarietà, che concretizza con la costruzione di un acquedotto ed un ponte nel villaggio di Gotholti. L’attività umanitaria ha ormai un ruolo fondamentale nelle sue scelte alpinistiche e di vita, dedicando il suo tempo, i proventi delle pubblicazioni, delle raccolte fondi con cene e gite sociali, a promuovere il progetto del Centro Cristina Castagna in Hindukush.

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Guglielmina Diolaiuti

Guglielmina Diolaiuti, 46 anni, mamma di tre bambini, appassionata di montagne e alpinismo, è una naturalista con un PhD in Scienze della Terra; dal 2002 è in forza all’Università degli Studi di Milano, prima ricercatore, oggi professore di Geografia Fisica che insegna a Scienze Naturali e alla SUA. È titolare degli insegnamenti di Alpine Glaciology, Climatologia, e Fotogeologia. Dal 2015 per il corso di Laurea in Scienze Naturali è co-docente di riferimento per studenti disabili e DSA, una preziosa occasione per ricercare strategie e tecniche di didattica innovativa e inclusiva. Al suo attivo più di 100 pubblicazioni internazionali, più di 2000 citazioni H Index 27, oltre 20 progetti coordinati per studiare gli impatti dei cambiamenti climatici su Alpi, Karakorum, Nepal e Ande. Prima in Italia a installare stazioni meteorologiche supraglaciali (dal 2005 patrimonio UNIMI), ha diretto il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani che tramite telerilevamento descrive i 903 ghiacciai delle Alpi. Il gruppo di ricerca di ESP di Guglielmina Diolaiuti e il CTU dell’Università degli Studi di Milano hanno realizzato un innovativo prodotto multimediale che permette di accedere non solo ad un suggestivo ambiente naturale ma ad un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, dove studenti e ricercatori quantificano gli effetti dei cambiamenti climatici. I ghiacciai alpini sono ormai arroccati ad alta quota, consumati da questi cambiamenti, di cui ne sono i migliori testimoni. Osservando la loro superficie ridotta, annerita e frantumata è evidente quanto si tratti di un problema attuale e drammatico. Accedere a questi luoghi non è facile, richiede tempo, fatica e assistenza. L’opera è pensata per consentire a tutti la visita di un ghiacciaio tramite l’ausilio di un visore 3D, per osservare e comprendere i drammatici effetti delle trasformazioni causate dal global warming, nello spirito di una didattica inclusiva e innovativa e per la divulgazione di una corretta informazione scientifica.

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Marcello Dondeynaz

Marcello Dondeynaz, insieme al Comitato “Ripartire dalle Cime Bianche” – di cui è referente – guarda nella direzione dello sviluppo di un turismo dolce che tuteli e valorizzi le straordinarie particolarità geologiche, paesaggistiche, naturalistiche, archeologiche, storiche e culturali del  Vallone Cime Bianche, che si estende dai 1.900 ai 3.100 metri di altitudine da Saint Jacques des Allemands (Ayas) verso Cervinia e Zermatt. Finalista nel 2018 del Premio “Luisa Minazzi”: Ambientalista dell’anno. Da tre anni Marcello Dondeynaz è l’anima del Gruppo di lavoro “Ripartire dalle Cime Bianche” formato da valligiani, proprietari, villeggianti e “amici” valdostani per la tutela dell’alta Val d’Ayas, in particolare del Vallone delle Cime Bianche, minacciato dal progetto  “assurdo” di un nuovo collegamento funiviario tra la Val d’ Ayas e quella di Valtournanche. Convinto che la conoscenza dei luoghi è il primo elemento per un impegno di tutela, si è prodigato, fin dall’ inizio, a organizzare escursioni e a condurre gruppi di persone nella zona mostrandone le caratteristiche peculiari sia naturalistiche  che storico-culturali. A tal proposito ha curato l’edizione di due ricchi e preziosi dépliants: “Cime Bianche (Ayas, Valle d’Aosta): un vallone di grande bellezza” e “Saint-Jacques des Allamands (Ayas)”, oltre ad uno sulla pietra ollare, che sono stati e sono tuttora distribuiti fra la gente in varie occasioni (vedi mercato settimanale estivo di Champoluc, dove Dondeynaz è quasi sempre presente di persona). Lo scorso anno ha anche organizzato a Champoluc, in collaborazione con ‘Cipra’ e la rivista ‘Dislivelli’, il Convegno “Una montagna di opportunità – L’avvenire di Ayas e delle Alpi” e quest’anno, sempre a Champoluc, in collaborazione con la Commissione  Centrale Tutela Ambiente Montano del C.A.I. e la Commissione Regionale delle altre Associazioni ambientaliste, il Convegno “Il futuro  delle Alpi”, in cui, come nel precedente, si vuole contribuire all’individuazione di linee di sviluppo economico e sociale basato sulle risorse durature della Valle d’Ayas e rispondente ad un turismo sempre più esigente, attento all’ambiente, all’accessibilità, alle produzioni e alle culture locali. Va infine ricordato che Dondeynaz ha organizzato e organizza, presso Nerina Favre a Saint Jacques, i regolari incontri periodici del Gruppo di Lavoro “Ripartire dalle Cime Bianche” cui dedica tutta la sua attività di volontariato.

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Giuliano Bressan

Giuliano Bressan è un’alpinista, un Istruttore Nazionale di Alpinismo, un Accademico del CAI. In passato è stato Presidente del Centro Studi Materiali e Tecniche, istruttore della Scuola Centrale di Alpinismo e membro del Soccorso Alpino. Giuliano Bressan non ama farsi conoscere attraverso questi ruoli. Per lui una vita dedicata all’alpinismo dove i rapporti sono, ancora ed esclusivamente, fatti di persone, luoghi, incontri, esperienze, passione. Nato a Padova nel 1948 scopre il mondo della montagna verso i vent’anni grazie alle gite nelle Dolomiti con i padri Gesuiti. Inizia ad arrampicare nel 1973, nel pieno del periodo del Nuovo Mattino; ben presto si forma come alpinista classico, stile al quale rimane tuttora costantemente fedele. Gli anni che seguono lo vedono impegnato in nuove ascensioni, prime ripetizioni, salite di estrema difficoltà, spedizioni extraeuropee, il tutto conciliando la vita di alpinista con quella privata dove Anna, la sua compagna, seguendolo nei viaggi e sostenendolo costantemente, diventa co-protagonista silenziosa dei suoi successi. Giuliano Bressan ha al proprio attivo, oltre a più di 1000 salite su tutto l’arco alpino, anche svariate spedizioni alpinistiche in paesi extra-europei (America del Sud, Stati Uniti, Africa). Valente fotografo, nelle sue presentazioni sa conciliare l’aspetto sportivo-alpinistico con le componenti paesaggistiche, culturali e sociali che sempre si accompagnano nei suoi viaggi. Per la notevole attività di alto livello svolta, entra nel 1990 a far parte del Club Alpino Accademico Italiano (Gruppo Orientale). In parallelo e in simbiosi all’attività personale ha dedicato e continua a dedicare molte delle proprie energie nell’ambito dell’insegnamento con la collaborazione nella scuola di Alpinismo “Franco Piovan” di Padova. Giuliano è attivo in ambito culturale attraverso la pubblicazione di guide d’arrampicata, di manuali CAI, di articoli di carattere storico e scientifico su diverse testate. Nel 2017 riceve dal Presidente Generale Vincenzo Torti e dal Direttore del CAI, Dottoressa Andreina Maggiore, la Medaglia d’oro del CAI. Questa la motivazione: “Per il competente impegno profuso sia nel campo della formazione, come Istruttore, sia in quello della ricerca della sicurezza nell’uso dei materiali alpinistici, quale fondatore e animatore del Centro Studi Materiali e Tecniche del Club Alpino Italiano, così contribuendo, grazie ai risultati di attestata qualità e di elevata specializzazione conseguiti, a imporre a livello internazionale una grande professionalità, quale costante espressione di puro volontariato”.

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Società Italiana di Medicina di Montagna

La società è nata nel luglio del 1999 ad Arabba per opera di quattro soci fondatori: Gege Agazzi, Annalisa Cogo, Oriana Pecchio e Andrea Ponchia. Nel ‘98 fu organizzato dall’ISMM a Matsumoto, in Giappone, il congresso internazionale di medicina di montagna. Vi parteciparono Giancelso Agazzi, Oriana Pecchio e Andrea Ponchia. Fu in questa occasione che nacque l’idea di fondare la S.I.Me.M.. Giancelso Agazzi, Annalisa Cogo, Oriana Pecchio e Andrea Ponchia furono i quattro soci fondatori della società, costituitasi ufficialmente ad Arabba il 4 luglio 1999 in occasione del primo congresso nazionale della neonata società. Andrea Pocchia, allora presidente della commissione medica del CAI, presentò il convegno. Ospiti alcuni scienziati internazionali tra cui Carlos Monge, Buddha Basnyat, Peter Bärtsch, Franz Berghold, Paolo Cerretelli. Da allora sono stati organizzati annualmente congressi in varie località dell’Italia, dal Nord al Sud. Venne stampato anche un notiziario. Scopi della S.I.Me.M. uscire dagli schemi rigidi del CAI, rivolgersi a tutti e non solo ai soci del CAI, filtrare i risultati della ricerca, dando regole pratiche ai frequentatori della montagna, mantenendo un equilibrio tra scienza di base e clinica, stimolando e incoraggiando nuove ricerche. Nel 2004 venne organizzato un trekking nella valle del Baltoro, in Pakistan, per celebrare i 50 anni trascorsi dalla prima salita italiana al K2 nel 1954. La S.I.Me.M. con i suoi medici vi partecipò insieme alla commissione medica del CAI. La medicina di montagna è una disciplina particolare dal momento che riunisce medici impegnati abitualmente in differenti attività, accomunati da un interesse particolare che non è solo medico. Antonella Bergamo, vicepresidente, da oltre dieci anni organizza un convegno che coinvolge la S.I.Me.M. e il Trento Film Festival, con scopo divulgativo e con temi attuali: i trapianti d’organo, la sicurezza, l’alimentazione, il soccorso, la guerra in montagna, la disabilità, le malattie croniche, i trail e gli ultratrail in quota, i farmaci, la montagnaterapia. La S.I.Me.M. in collaborazione con la commissione medica del CAI e l’Università della Bicocca di Milano organizza la Giornata Nazionale dell’ipertensione in vari rifugi del CAI sulle Alpi e sugli  Appennini. La Società ha aderito al progetto ‘Save the Mountains’ del CAI di Bergamo mettendo a punto, in collaborazione con il CNR di Pisa e le commissioni mediche del CAI Lombardo e della sezione di Bergamo , un questionario on line per raccogliere dati sugli stili di vita dei frequentatori della montagna.

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